Di questo servizio abbiamo già parlato ma mi fa piacere riprenderlo attraverso il capitolo 11 di Library Mashups (come sapete, nell’esplorazione dei vari capitoli, non procederemo con ordine :-), intitolato Mashing Up Open Data with biblios.net Web Sevices e scritto da Joshua Ferraro di LibLime.
All’inizio del 2009 la società che vende servizi per software open source, LibLime, ha rilasciato un servizio di catalogazione gratuito, web based e che poggia su una base di milioni di record bibliografici liberamente adoperabili (openly licensed): biblios.net. In particolare, il capitolo si focalizza sui servizi web (web services) offerti da LibLime insieme al software di catalogazione e alla base dati di record.
I biblios.net Web Services (BWS) poggiano su una conquista fondamentale: gli Open (Bibliographic and not) Data, che a loro volta consentono la libertà e gratuità di intervenire sui record bibliografici, sui metadati prodotti dalle biblioteche e rilasciati/messi a disposizione di tutti attraverso licenze dedicate. Questo dei dati è sempre stato un grosso ostacolo nel mondo bibliotecario – e chi frequenta questo blog da un po’ lo sa bene. Spesso i molti e ricchi e riccamente strutturati metadati che i bibliotecari con grande fatica e sudore di fronte creano quando catalogano i libri, rimangono poi confinati entro ILS (software di automazione e catalogazione) proprietari o comunque chiusi alla possibilità del rilascio libero e del riutilizzo (al netto delle esperienze di catalogazione cooperativa, che però sono un’altra cosa).
Joshua Ferraro, invece, mette subito in rilievo lo slancio che la nascita di licenze come la PDDL (Open Data Commons Public Domain and Dedication Lincese) e di iniziative di apertura dei forzieri dei propri metadati prese da biblioteche come la Library of Congress o la Open Library di Brewster Kahle, ha dato all’impresa di LibLime, di rilasciare nel pubblico dominio così grandi quantità di record bibliografici a disposizione di tutti (di nuovo, se n’era parlato qualche tempo fa). Recod bibliografici che sono stati poi utilizzati dalla stessa LibLime per i suoi servizi e in particolare per la creazione di un livello di accesso e di interrogazione (le famose API, Application Programming Interface) concreto e usabile da tutti gli utenti.
I BWS sono infatti proprio un set di API create per consentire ai programmatori o geek librarian che dir si voglia, di scrivere applicazioni che interagiscano con il database di biblios.net e creare quindi mashup con i dati e i servizi ritornati da questo provider. I web services disponibili sono attualmente:
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Searching for bibliographic and authority records (OpenSearch, SRU/W and Z39.50)
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Retrieving single records (UnAPI)
Verranno invece presto attivati i seguenti:
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Download the ‡biblios.net Dataset (BitTorrent) (coming soon)
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Programming Guide (coming soon)
- API Reference (coming soon)
Uno degli interessanti esempi mostrati nel capitolo, è il mashup creato grazie al SRU target service, che restituisce i dati delle liste di autorità contenute nella base dati di biblios: il catalogatore che stia inserendo nella scheda catalografica di un volume una cosiddetta voce controllata (potrebbe essere quella del nome dell’autore oppure del soggetto/topic con cui si classifica il volume), può attingere on the fly alle voci controllate conservate e messe a disposizione da biblios, attraverso un semplice ed efficace menu ad auto-complete – in questo modo non solo potendo attingere a dati uniformi, controllati e di qualità, ma anche evitando di perdere tempo nell’andare a interrogare separatamente un altro database.
L’altro esempio che Ferraro propone è quello relativo agli strumenti per facilitare la catalogazione cooperativa delle biblioteche, sempre usufruendo dei web services messi a disposizione da biblios. In questo caso si sfrutta la potenza del protocollo OAI-PMH, dei feed RSS e del buon vecchio Z39.50, per costruire un mashup di notifica e aggiornamento delle modifiche avvenute su un record: le biblioteche in una rete cooperativa possono così venire a conoscenza dei cambiamenti intervenuti su una scheda che è stata già acquisita dal catalogo e, se del caso, anche decidere di accogliere quei cambiamenti, sovrapponendo la scheda catalografica modificata con quella del proprio OPAC, in maniera del tutto rapida e automatizzata.
Forse questo capitolo è il più interessante di tutti almeno sotto un profilo: mostra come il catalogo e la catalogazione non solo non sono esclusi, in quanto ambiti di attività tradizionali, dalla creazione di servizi innovativi e mashup, ma possono con la loro ineludibile centralità venire impattati pesantemente dalla creazione di servizi agili, in grado di eliminare le parti più ripetitive e meccaniche di certe attività e aprire la strada alla creatività nell’utilizzo delle informazioni e dei dati contenuti negli OPAC, frutto di anni e anni di lavoro delle migliori menti bibliotecarie…