Archive for marzo 2007

E-learning in Second Life

28 marzo 2007

In questi ultimi giorni sono stata poco produttiva sul blog, lo ammetto, ma con il lavoro sono parecchio impegnata e in più sto preparando due interventi (a riprova di ciò potete constatare come la mia sitografia su Del.icio.us sia cresciuta vertiginosamente: siamo a 841 item!). Mi riferisco al Seminario AIDA che si terrà il 30 marzo (ve ne ho già parlato) e al Convegno Informare a distanza 2.0, che invece avrà luogo a Firenze il 12 aprile, e al quale interverrò con una presentazione dal titolo Going social: the librarian’s bag of tricks. A quest’ultimo parteciperà, tra gli altri valorosi colleghi, anche David Lankes, uno degli estensori del manifesto Participatory Networks!

Consiglio chi non ne avesse mai sentito parlare di dargli un’occhiata: ne vale la pena. E’ un mix tra web-library 2.0 e Cluetrain Manifesto, quello della celebre tesi markets are conversations… Oltre ai contenuti, anche i mezzi per realizzare il convegno sono partecipativi: basti dire che il programma e il calendario degli interventi sono stati creati su Google Docs e condivisi online tra Carlo Paravano (bibliotecario-organizzatore) e i relatori. Naturalmente appena trascorsi i due convegni pubblicherò le slide su SlideShare e anche sul sito della mia Biblioteca.

A parte gli ovvi motivi di auto-glorificazione ;-) ho fatto questo cappello introduttivo un po’ per fare meritata pubblicità ai Convegni e soprattutto ai loro infaticabili organizzatori e poi per introdurre l’argomento del post, che è Sloodle, piattaforma in cui mi sono imbattuta proprio navigando e facendo ricerche per i due talk.

La realtà virtuale è una delle mie passioni ma finora ne avevo esplorato le articolazioni soprattutto al livello dei games e dei mondi 3D (Second Life o There). Il mio interesse si è acuito quando ho cominciato a seguire le iniziative di elearning ed edutainment che varie scuole ed università hanno realizzato proprio attraverso i mondi paralleli creati al computer (qui una menzione d’onore la merita il gruppo trentino di Scuola 3D, pionieristico ed innovatore).

Abbiamo già visto come Second Life sia luogo di sperimentazioni anche nel campo delle biblioteche e dei bibliotecari, anche se quanto creato finora è riconducibile forse più che altro a sperimentazioni di carattere, diciamo così, culturale: i luoghi virtuali sono spesso vuoti, poche sono le presenze che li animano (sarà che con il mio fuso orario non ho molta fortuna…) e poche sono anche le cose da fare. Ciò che è importante però in questi casi è come sempre sperimentare e capire dove si può migliorare e con cosa si può (val la pena) interagire. Per esempio mi sembra interessante seguire il campo dell’educazione e della ricerca, dove muovono i primi (e anche secondi e terzi in alcuni casi) passi iniziative online per incrementare la fruizione di informazioni e conoscenze.

Sloodle è proprio una di queste ed è esemplare sotto diversi aspetti: si tratta di un mashup di Second Life e del software di learning management Moodle. Sul sito attingerete le spiegazioni di cui avete bisogno. Intanto ho fatto una visitina nella loro isola e devo dire che ho notato qualche elemento di interattività in più rispetto a quelli che normalmente trovo nelle isole dei LIS professionals.

Sloodle è una crasi e dunque per definizione non è solo SL e non è solo Moodle; piuttosto che di vera interazione però parlerei di interfacciamento costante tra i due (vedi il wiki esplicativo). Per ora non vi sono, infatti, tranne che in alcuni casi, oggetti fruibili interamente dentro SL e il richiamo al web sottostante (o sovrastante) è sempre dietro l’angolo. La maggior parte degli oggetti costruiti nella realtà virtuale rimanda a siti, blog, applicativi web esterni.

L’interfacciamento però non è cosa da poco: allineare le due piattaforme perché gli utenti di entrambe siano visti dal medesimo sistema di riconoscimento, possano passare dall’una all’altra senza “mostrare il passaporto”, e affrontare nella realtà virtuale compiti presi in Moodle o, viceversa, risolvere su Blackboard i lavori decisi in SL, sono già dei passi avanti notevoli sulla via di una efficace sperimentazione professionale, oltre che cognitiva.

La grande sfida di realtà virtuali come SL è proprio quella di guadagnare una propria autonomia, di svincolarsi dalle pagine web e le sperimentazioni didattico-scientifiche possono rappresentare il volano verso l’indipendenza. Finisce qui la prima parte di questo post, cui seguirà un secondo su altre iniziative di education attraverso i MUVE. Per chi fosse interessato, queste tematiche saranno affrontate anche a Firenze, perciò… non mancate!

Nei posti in cui andrai è compresa la biblioteca?

23 marzo 2007

Il Wall Street Journal (via Library Stuff) offre un piccolo ma significativo viaggio nel tempo e qualche considerazione sul ruolo che nell’attuale panorama socio-culturale le biblioteche rivestono: da quando, nei decenni passati, fare la tessera della biblioteca rappresentava un rito di passaggio, a quando (e siamo all’oggi), i ragazzi chiedono alle biblioteche (soprattutto pubbliche) DVD ed eventi piuttosto che libri o riviste.

C’è da dire che, come sottolinea l’autore, uno dei motivi di questa disaffezione nei confronti del prestito dei libri in biblioteca, è rappresentata dal fatto che sempre più le giovani generazioni (americane) acquistano i libri (o i genitori li acquistano per loro). Stupisce leggere che le percentuali della vendita di libri sono cresciute del 60%, a fronte della drammatica diminuzione dei lettori e degli acquisti che spesso si registra nel nostro Paese…

Ma, potendo pensare di vivere nel migliore dei mondi possibili, in un mondo cioè nel quale i lettori hanno sufficienti soldi e interessi per comprare libri e periodici, è legittimo chiedersi: a cosa, piuttosto che al prestito e alla promozione della lettura, dovrebbe allora puntare la biblioteca come attività trainante?

Da notare che nell’articolo si fa cenno solo marginalmente all’attività di reference e al fatto che anche le biblioteche pubbliche potrebbero avere (e forse di fatto già  hanno) proprio nell’attività formativo-informativa, uno dei cardini dell’offerta all’utenza… Un breve spaccato della situazione:

Sure, there are still library-loving children, but books aren’t necessarily the draw. Many gravitate to the rows of computer terminals. And libraries are offering more children’s materials and programs than ever, with attendance growing at events such as story hours, ice-cream socials and movie nights. Suburban kids, especially, often use libraries more for DVDs, story hours and computers, because their parents buy them books, according to a 2005 study by the Association for Library Service to Children. (…) There’s concern in Libraryland about how we should serve these people who grew up with computers.

Uno degli intervistati sostiene che la biblioteca sia il luogo della gratificazione dilazionata: e questa mi sembra una rappresentazione efficace della situazione. La dilazione serve a far pensare, a far conoscere in maniera non approssimativa, a consentire una esperienza informativa più solida e strutturata, ma come frenare l’inclinazione (e la tentazione) degli screenagers a connettersi al primo Google che capiti loro a tiro e a prendersi ciò di cui hanno bisogno?

Motori di ricerca e democrazia (in)compiuta

21 marzo 2007

… La Rete, insomma, è per definizione senza padroni. E qui sta la sua forza. Ma questa affermazione appare sempre meno vera, proprio a causa del suo immenso estendersi. E infatti, se uno osserva attentamente la Rete, si accorge che oggi un padrone c’è, è noto a tutti, e è molto popolare, e molto duro, potente e prepotente: si tratta di Google. A proposito di Google qualcuno (il super esperto Marco Zamperini) comincia a parlare di “fascismo digitale”.

Questo Giuseppe Turani, su Affari e Finanza (supplemento di Repubblica) del 19 marzo. Le conseguenze che il noto economista fa derivare dalla soverchiante e intimidatoria potenza del più popolare motore di ricerca, sono sostanzialmente tre:

  1. l’impossibilità di viaggiare per la rete senza una guida – e, anzi, senza LA guida, cioè Google stesso (Turani riconosce in questo una necessità ineluttabile ma pure potenzialmente nefasta per la democrazia, tanto da ispirare al titolista l’endiade I padroni di Internet, democrazia incompiuta);
  2. la dinamica di funzionamento di Google (e di tutti i motori di ricerca) che fa sì che al visitatore vengano presentati, all’atto di una ricerca, risultati presi dall’indice del motore, piuttosto che dall’immensa Rete;
  3. le risposte commercialmente orientate proposte quando si cerchi qualcosa come un prodotto, un albergo etc.

Partiamo dalla prima obiezione: l’inevitabilità di Google. Finora (e si spera per sempre) nessun utente di Internet è stato mai costretto ad usare Google piuttosto che Yahoo o MSN piuttosto che Ask (e lasciamo stare qui le posizioni dominanti e casi simili). Non voglio apparire ingenua, è sotto gli occhi di tutti che i motori di ricerca (alcuni di essi, almeno) capitalizzano cifre impressionanti in Borsa, sono vere e proprie multinazionali, giganti dell’economia mondiale che certo non sono in Rete per fare beneficenza. E’ vero anche che tanti piccoli motori sono scomparsi e conitnueranno a scomparire risucchiati dai big players.

Ma dire che si rasenta il fascismo mi sembra un passo troppo lungo per la gamba: in fin dei conti ognuno di noi è libero di scegliere. L’alternativa che il giornalista propone, Stumble Upon, è giudicata dallo stesso lontanissima dai criteri di efficienza ed efficacia di Google, ancorché forse più democratica (gli utenti possono rivedere, votare ed editare i risultati del motore, cosa che peraltro per esempio fa anche Swiki -> vedi il motore su Biblioteca 2.0).

La seconda obiezione mi sembra ugualmente un poco ingenua (se mai Turani mi leggerà, sappia che io sono e resto una sua grande fan :-): tutti i motori hanno degli indici (per fortuna!). E’ parte del funzionamento di un search engine – e premessa della sua efficienza e rapidità – avere un grosso database nel quale può archiviare e, appunto, indicizzare tutta l’informazione che acquisisce sulla rete. Anche qui: certo ogni motore avrà dei criteri arbitrari; certo sarebbe bene che i motori cominciassero a rendere un po’ più trasparenti i loro indici, i loro algoritmi di ranking etc. (vedi l’inziativa lodevole di Wikia in proposito), ma sempre gli indici dei vari motori saranno diversi gli uni dagli altri o solo in parte sovrapponibili e sempre gli utenti potranno scegliere il motore che sembra loro fare affidamento sull’indice migliore.

Passiamo alla terza e ultima osservazione: le aziende poste in cima ai risultati quando si cerca di un qualsiasi prodotto possa avere un profilo commerciale. Questa è una questione più spinosa e qui sono in parte d’accordo con Turani (benché, di nuovo, i motori di ricerca non sono purtroppo delle ONG e devono fare quattrini per campare e prosperare). E’ certamente abbastanza fastidioso e forse volgare per un gigante come Google, presentare certi risultati davanti a tutti solo perché sponsorizzati.

Devo però anche dire che, forse in seguito a rimorsi lancinanti?, lo stesso Google offre la soluzione: con Froogle è possibile cercare qualsivoglia prodotto (anche libri e periodici, per intenderci) e confrontare i vari prezzi disponibili per esso. La cosa interessante ed eticamente accettabile è che qui Google gioca pulito: non vi sono preferenze particolari accordate a chicchessia e chiunque abbia qualcosa da vendere può sottomettere i propri articoli nel database.

A me sembra che, tutto sommato, Google non sia insomma questo motore di ricerca quasi-fascista e nemmeno una brutale espressione del Capitale o della globalizzazione USA-oriented. E’ sempre bene tenere la guardia alta, verificare, prendere quante più informazioni è possibile, confrontare, essere accorti e smagati, ma per ora mi pare proprio che possiamo continuare a fidarci del gigante di Mountain View ;-) E voi che ne pensate?

Creative Commons for open educational resources

19 marzo 2007

Creative Commons are launching a new division called CC Learn, which will extend the work they’ve been doing to support open educational material and repositories – kindergarten through lifelong learning. The initiative is made possible by the support of the Hewlett Foundation and the MacArthur Foundation.

CC Learn will be more focused on teaching materials, while their work on open access to the scholarly literature will remain part of the Scholar’s Copyright project in the Science Commons division.

CC Learn‘s immediate goal is to work with those who already provide open educational resources to remove or mitigate barriers to combining or remixing content from different open collections, to make material more interoperable, to speed up the virtuous cycle of use, experimentation and reuse, to spread the word about the value of open educational content, and to change the culture of repositories to one focused on “helping build a usable network of ontent worldwide” rather than “helping build the stuff on our site.” (M.Carroll via SPARC mailing list)