Ieri ha finalmente avuto luogo il Seminario organizzato da AIDA dal titolo Da XML all’elaborazione di conoscenza: approcci professionali e uso sociale della rete. All’intervento di Federico Meschini che ha ripercorso la storia e le modalità di utilizzo dell’XML è seguito il mio, sui mashup e le loro possibilità di impiego in biblioteca (qui il pdf e qui la versione con i link attivi). Poi c’è stato Luca Rosati, con un esperimento progettato per il Comune di Torino che prevede l’adozione dei tag per la categorizzazione dal basso ed il reperimento dell’informazione. Infine, ha chiuso i lavori Roberto Tirabassi, della 3D informatica, con una relazione dal titolo Perché un post relazionale. Sul sito di AIDA trovate i .pdf delle relazioni e su Flickr le foto dell’evento.
Ciò che forse ha suscitato più curiosità del mio intervento è stato il rapporto tra mashup e openurl: è in effetti un tema che potrebbe portare lontano… Da quello che vedo, proprio l’effetto-ponte tra varie sorgenti di informazioni e dati che l’openurl genera per le biblioteche (partire da una fonte, essere in qualche modo riconosciuti ed essere relazionati con altre fonti di informazione pertinenti) può costituire il terreno per la creazione di applicazioni come i mashup.
Nella mia presentazione ho riportato iniziative come Umlaut e LibX, rappresentative di quel trend che vede l’openurl come un trigger per generare link intelligenti (leggi: semantici) tra l’informazione da cui partiamo (potrebbe essere un ISBN riportato in una pagina di Wikipedia oppure il record di un OPAC o ancora la citazione all’interno di una banca dati etc.) e le altre fonti di informazione sottoscritte dall’istituzione cui apparteniamo ma anche free, liberamente disponibili online.
Questo per certi versi ha anche a che vedere con i microformati, grazie ai quali le applicazioni che interrogano una pagina HTML in cui sono embedded alcune informazioni supplementari intorno ad un certo oggetto, sono poi in grado di interpretare la pagina in maniera intelligente (semantica). Perciò se per esempio parto da un ISBN, il client con il quale accedo all’informazione (potrebbe essere il mio browser + un’estensione in javascript o uno script Greasmonkey, ma non solo) riconosce l’identificativo ISBN e mi propone un menu conseguente (cerca l’ISBN nell’OPAC della mia istituzione o in altri cataloghi oppure su negozi online, motori di ricerca, Wikipedia, database dedicati etc.).
E se anche non parto da una URI ma da un semplice testo come una parola all’interno di un sito web, il browser, grazie alle informazioni che (in una maniera a me trasparente) formano il context-object di quella parola, può attribuire ad essa un significato (i.e. capire che si tratta, poniamo, del nome di un cantante) e propormi azioni e informazioni relative (i.e. interrogare un database dedicato alla musica, cercare mp3 del cantante in ITunes, prenotare il biglietto per un concerto etc.).
Ancora meglio sarebbe (e questo in certi casi si può già fare) se io potessi settare le fonti di informazione di arrivo in relazione a quelle di partenza. Cioè farmi portare sull’OPAC della mia Biblioteca se parto da un ISBN o anche da quello che il mio browser semantico potrebbe riconoscere come il titolo di un libro o il nome un autore di poesia; e se la ricerca in OPAC non ha dato risultati soddisfacenti farmi allora indirizzare su Amazon oppure su un sito di bookcrossing… e via discorrendo.
Tutto questo è web semantico, ma realizzato senza compiere particolari rivoluzioni nei siti o nelle applicazioni web già esistenti. Le biblioteche, che si pongono esattamente in mezzo tra i fornitori di informazione e i consumatori di informazione, e che hanno un livello di informatizzazione a automazione molto elevato, possono avere una certa voce in capitolo nel trovare soluzioni intellegenti e plurali ai bisogni degli utenti…