Di rientro dal Convegno di Trieste qualche considerazione di metodo e merito. Innanzitutto l’ottima accoglienza dei colleghi friulani. Massimo Milan, Antonella Passone, Matilde Fontanin e gli altri, ci hanno testimoniato ospitalità e amicizia. Di assoluto rilievo la qualità degli altri interventi e la varietà degli argomenti e infine il buffet fatto in casa a base di piatti austro-ungarici. Insomma: un’ottima occasione per apprendere e condividere esperienze.
Veniamo al mio intervento: come costruire una intranet 2.0 in biblioteca. A parte una breve introduzione teorica, la riflessione ruotava intorno al meme 2.0 e ad applicativi come wiki, folksonomy e blog, considerati come strumenti per la costruzione di una intranet. Tra gli esempi proposti (e in parte già realizzati in Bicocca): un wiki per la gestione di un gruppo di lavoro interuniversitario; una folksonomy per una sitografia relativa alla implementazione di Sfx e un blog del direttore, come realizzato in una biblioteca statunitense.
Sia durante la pausa di metà giornata che alla fine del Convegno, molti sono stati i colleghi ad avvicinarmi e a chiedermi conto di questo o quel software di cui avevo parlato. Le considerazioni che in genere sono state fatte relativamente alla implementazione del 2.0 in biblioteca riguardavano da un lato la necessità di avere una direzione illuminata che consenta ai bibliotecari di sperimentare ed innovare, e dall’altro la possibilità di poter disporre di tempo per saggiare le nuove tecnologie. Spesso, mi raccontavano i colleghi, non si dispone di una direzione che supporti il cambiamento o comunque consenta di provarlo.
Trovo interessanti entrambe le considerazioni e ringrazio i colleghi che me le hanno sottoposte. Riguardo alla prima, credo nella necessità di avere responsabili aperti al cambiamento e consapevoli della sua importanza. Ed è assolutamente vero che, se nella mia Biblioteca coltiviamo una certa sensibilità verso queste tematiche, è perché abbiamo un Direttore che ci sostiene.
Sulla seconda sono invece in parziale disaccordo: se c’è bisogno di tempo per realizzare un wiki che puntelli, per esempio, la messa in produzione di un nuovo software in biblioteca (contenente documentazione, traccia dei cambiamenti introdotti, chat per un colloquio in presa diretta e informale, bibliografia di riferimento, tutorial etc.), il tempo necessario è pur sempre inferiore a quello che si spenderebbe dovendo gestire tutto il supporto all’utenza (richieste di delucidazioni, domande, guide, FAQ etc.) singolarmente, cioè rispondendo via mail ad ogni utente e dovendo così riproporre decine e decine di volte la stessa dinamica, le stesse risposte, senza che della ripetizione possa giovarsi nessuno, senza che l’accumulo di risposte possa dare luogo a un circolo virtuoso di informazioni fruibili da tutti senza sovrapposizioni.
Quello che voglio dire è che il 2.0 non nasce solo come tentativo di portare tecnologie avanzate in biblioteca, o realizzare un’aspirazione etica alla condivisione e al coinvolgimento degli stakeholder della biblioteca. La library 2.0 nasce da esigenze molto concrete di cambiamento, per poter sfruttare la tecnologia al servizio di maggiori economicità ed efficienza, per poter evitare il lavoro inutile, per perseguire obiettivi di coerenza ed efficacia.
In altre parole: la library 2.0 non è (solo) un pranzo di gala ;-) ma un’opportunità di cavalcare il cambiamento governandolo, di introdurre nuove modalità con cui guardare all’utente, magari anche di mutare il corso delle decisioni di un management poco (informato e) sensibile. Forse realizzando, anche clandestinamente e partendo dal basso, un progetto efficace e innovativo per la propria biblioteca, anche le alte sfere della gerarchia potrebbero decidere di riconsiderare la propria opposizione al cambiamento…
La relazione è disponibile nella sezione Contributi dello staff bibliotecario a convegni e seminari della pagina Articoli, tesi, relazioni del nostro sito.